La fine della storia: separazione e divorzio

Il matrimonio rappresenta la fase nella vita della coppia in cui si mettono le basi per una futura esistenza assieme con l’idea che durerà per sempre. Legandosi a un partner non si cerca soltanto una soddisfazione o conferma temporanea, ma si vuole costruire insieme la propria vita, impegnarsi in un percorso comune, costruire la propria casa, formare una famiglia, trovare un proprio stile di vita. Formare una coppia stabile ha un carattere di esclusività, non solo di fronte ad altri possibili partner, ma anche rispetto alla famiglia di origine, dalla quale, costruendo il proprio nucleo, si avvia a conclusione il processo di individuazione e autonomia.

Il matrimonio però è un processo, non una condizione stabile. A volte, i partner si preoccupano solo che la loro relazione non si rompa, piuttosto che affrontare eventuali conflitti e un’inevitabile evoluzione/crescita del rapporto. Ogni fase di sviluppo comporta delle crisi ed è proprio il superamento di questi momenti critici che mantiene viva l’unione e permette la crescita e la maturazione della coppia. È necessaria, infatti, all’interno della coppia, una continua “negoziazione” del proprio rapporto, proprio al fine di mantenere un sano equilibrio.

Tuttavia non sempre questo accade, infatti un matrimonio su tre termina con una separazione.

Un matrimonio sano è quello in cui le continue negoziazioni hanno portato i coniugi a mettere in atto dei cambiamenti che hanno poi determinato un reciproco appagamento dei propri bisogni e desideri.

Il conflitto coniugale rappresenta quindi un elemento fondamentale della relazione di coppia e, in tal senso, una relazione senza conflitto è impensabile se non a costo di ignorare o annullare le differenze individuali.

Le coppie che arrivano alla separazione non sono quindi quelle in conflitto, ma quelle che non sono riuscite a gestire il conflitto rinegoziando il proprio modo di essere coppia.

La separazione non indica necessariamente la presenza di una situazione psicopatologica all’interno della coppia. Spesso, infatti, nonostante i numerosi tentativi fatti per superare la crisi coniugale, la separazione può rappresentare l’unica forma di sana evoluzione verso un equilibrio mentale e relazionale.

La decisione di separarsi, in genere, viene presa perché si spera così di ottenere una qualità di vita migliore per sé, per il proprio partner e per i figli. La fiducia e la speranza di poter essere amati in un modo più corrispondente alle proprie aspettative, è spesso la base di questa decisione. Si mette fine ad una situazione infelice solo se, più o meno consapevolmente, si ha fiducia nella possibilità di essere felici.

A volte le coppie si formano in base al bisogno inconsapevole di compensare difficoltà psicologiche individuali, scoprendo solo in seguito di poter fare una scelta migliore per sé, per l’altro e per i figli stessi che non traggono alcun beneficio da un’unione infelice.

In quest’ottica, la separazione coniugale può essere considerata quasi una forma di “terapia” cui si arriva quando i partner non sono riusciti ad individuare soluzioni migliori per risolvere il disagio di coppia.

La separazione di fatto prima e legale poi non coincidono necessariamente con la separazione emotiva dei coniugi, anzi spesso questi due processi si verificano in tempi diversi. La separazione emotiva implica un processo che pone fine ai legami psicologici tra i due coniugi o che, comunque, li trasforma completamente.

Esistono poi situazioni nelle quali si arriva alla separazione non come esito inevitabile – e condiviso – di un matrimonio che non ha più risorse, ma come decisione di un solo coniuge. Infatti, non sempre entrambi i partner riescono a fare questo passo nello stesso momento. Può succedere che uno dei due, in genere quello che richiede la separazione, elabori prima dell’altro il distacco ed è quindi più autonomo, mentre l’altro rimane emotivamente coinvolto e non riesce a superare quest’esperienza vissuta, nella maggior parte dei casi, come un fallimento personale, uno smacco o un affronto.

La separazione viene quindi subita e vissuta dal partner, sul piano psicologico ed emotivo,  come un lutto e si articola in varie fasi:

1- Fase di negazione: il coniuge che viene lasciato rifiuta la realtà dei fatti e cerca in tutti i modi di recuperare la relazione interrotta. Spesso usa i figli come tramite tra lui e il partner, inviando messaggi di riappacificazione e di implorazione a tornare insieme. Le emozioni prevalenti sono l’angoscia e la collera, che possono essere seguite dal desiderio di punizione e di vendetta. L’odio rimane il sentimento che lega i due partner, spesso con la stessa forza con cui li aveva uniti l’amore.

2- Fase della resistenza: gradualmente il coniuge acquista consapevolezza della fine del proprio rapporto coniugale. La rabbia per l’abbandono subito può essere riversata sul partner oppure trattenuta dentro di sé. Scontri e conflitti si inaspriscono per il rifiuto di concedere la separazione al partner. Ricatti, accuse, inganni, implorazioni sembrano essere l’unico modo per mantenere un rapporto con il coniuge.

3- Fase della depressione: in questa fase l’individuo prende atto dell’irreversibilità della situazione. Questo comporta un periodo di dolore, di scoraggiamento e di forte delusione.

4- Fase dell’accettazione: gradualmente il lutto viene elaborato e i sentimenti dolorosi legati all’abbandono si affievoliscono. E’ ora possibile guardare verso il futuro ed elaborare un progetto di vita separato da quello del partner.

Sono situazioni nelle quali, solitamente, nel matrimonio ha prevalso la negazione del conflitto e della sofferenza pur di salvaguardare e garantire il “mito della coppia serena”.

Quando l’elaborazione della separazione emotiva non è completa permangono il senso di colpa e la collera, che possono alimentare dinamiche conflittuali nocive per gli ex coniugi e per i figli.

Il legame perciò può assume diverse forme: in alcuni casi qualcuno nella coppia non può smettere di sperare in quel legame. Spesso in queste situazioni la fine del legame è intollerabile, il dolore non può essere affrontato poiché “l’oscura minaccia è quella di una condizione di vita infernale che prende forma in fantasmi di isolamento, estraniazione, marginalità riprovevole e pericolosissima” (Cigoli, 2000).

In altri casi invece uno dei due partner, “dovendo salvare a tutti i costi se stesso come capace di legame, non può che cercare di togliersi di dosso l’altro, di annullarne e distruggerne la presenza quale vero e proprio essere alieno, contagioso e persecutorio.

In tal caso si tratta si la fine del legame, ma lo si fa tramite modalità scissionarie e proiettive che cercano di cancellare e persino denegare la storia e la propria partecipazione alla stessa.” (Cigoli, 2000).

Queste situazioni, spesso degenerano in forme patologiche come il mobbing familiare, la sindrome di alienazione genitoriale (PAS), la sindrome del padre interdetto o della madre malevola.

Le difficoltà che i coniugi incontrano nel separarsi li conduce a seguire un iter giudiziario che spesso non fa che aumentare il livello del conflitto. Avvocati, consulenti di parte, accuse reciproche, vendette, querele, denunce, e in tutto questo caos i figli con i loro bisogni di legame, di sicurezza e di sostegno, spariscono sullo sfondo della scena.

E’ importante a questo proposito la legge 54 del 2006, che centralizza il minore con i suoi bisogni evolutivi e di legame con entrambi i genitori.

La terapia familiare nella separazione

La psicoterapia interviene sostanzialmente quando, di fronte alla separazione, emergono sintomi specifici quali ansia, angoscia, depressione, sintomi psicosomatici, deliri persecutori, ecc.

Tali aspetti vanno ad evidenziare la difficoltà di elaborazione e di riorganizzazione dell’individuo di fronte alla richiesta di cambiamento che la separazione comporta.

Nella maggior parte dei casi, quello che si verifica è il cronicizzarsi di uno stato di profonda conflittualità, in cui i sentimenti di rabbia vengono violentemente espressi sia verso l’ex coniuge, sia verso sé stessi e verso i figli.

Di fronte ad una separazione, la psicoterapia si pone come obiettivo quello di aiutare tutti i membri della famiglia a riorganizzarsi sia emotivamente che psicologicamente, ci si orienta verso la consapevolezza dell’impossibilità di cambiare le modalità di essere coppia. Questo permette a ciascuno di elaborare i propri sentimenti che altrimenti dilagano e contaminano una situazione che è già difficile. Un percorso che consente di uscire dalla conflittualità e dal rimuginare che fa rimbalzare il pensiero tra impotenza e senso di colpa e permette di elaborare e rimuovere gli ostacoli che impediscono di trovare un nuovo adattamento alla nuova situazione.

Nel momento in cui si arriva ad essere consapevoli di questo, si diviene anche più sicuri dell’opportunità di una scelta che, per quanto dolorosa, potrà aprire nuove opportunità di benessere.

Bibliografia

Vittorio Cigoli, Carlo Galimberti, Marina Mombelli, Il legame disperante. Il divorzio come dramma di genitori e figli, Raffaello Cortina Ed, 2000

Vittorio Cigoli, Psicologia della separazione e del divorzio, Il Mulino, 1998

 Bowlby J. (1969) Attaccamento e Perdita.Volume 1. Tr. it. Bollati Boringhieri 1972
Bowlby J. (1973) Attaccamento e Perdita. Volume 2. Tr. it. Bollati Boringhieri 1975
Bowlby J. (1979) Costruzione e rottura dei legami affettivi. Tr. it. RaffaelloCortina Editore, 1982
Bowlby J. (1980) Attaccamento e perdita. Volume 3. Tr. It. Bollati Boringhieri 1983

Anna Oliverio Ferraris, Dai figli non si divorzia. Separarsi e rimanere buoni genitori, Rizzoli, 2005