La “buona” comunicazione in azienda

Le parole sono singolarmente la forza più potente a disposizione dell’umanità. Possiamo scegliere di usare questa forza in modo costruttivo con parole di incoraggiamento o in modo distruttivo usando parole di disperazione. Le parole hanno energia e potenza nella loro capacità di aiutare, guarire, ostacolare, ferire, danneggiare, umiliare e renderci umili.
(Yehuda Berg)

L’importanza della comunicazione all’interno di una organizzazione si estende a diversi livelli, da una parte vi sono i bisogni e le necessità dell’azienda stessa mentre dall’altra quelli degli individui che la compongono. La comunicazione organizzativa si può descrivere come l’insieme dei processi di creazione e di scambio dei messaggi e delle informazioni nelle reti di relazioni che costituiscono l’organizzazione stessa. Coinvolge i membri interni, i collaboratori interno-esterni, e tutti i soggetti in qualche modo interessati o coinvolti nella vita dell’organizzazione.

La comunicazione è un processo che porta allo scoperto la vita dell’azienda, funziona da cassa di risonanza amplificando la positività o la negatività della realtà aziendale stessa. Comunicare significa organizzare, o meglio creare canali di comunicazione con cui predisporre tutti i collegamenti necessari al trattamento efficace di un problema complesso, agevolando e accelerando i processi decisionali.

Per chiarire meglio la distinzione si può aggiungere che il concetto di comunicazione interna in senso stretto si riferisce all’insieme delle attività che talvolta vengono identificate come marketing interno. Si tratta delle attività utili a concepire e promuovere idee, progetti e valori per all’azienda e ai suoi dipendenti. Il tutto al fine di favorire l’adeguamento del clima organizzativo e relazionale interno ai bisogni di tutti gli operatori, il libero coinvolgimento dei lavoratori, la valorizzazione degli apporti di innovatività e di creatività e quindi la partecipazione attiva al raggiungimento degli obiettivi aziendali. Questo approccio si basa sul principio secondo il quale i risultati aziendali vengono effettivamente condizionati dai bisogni di autorealizzazione, di appartenenza e dalla collaborazione delle persone che ne fanno parte.
La comunicazione organizzativa ha l’obiettivo di fornire diversi tipi di comunicazione:

La comunicazione funzionale tratta tutte le informazioni di tipo operativo necessarie a supportare i diversi processi produttivi e decisionali interni e l’attività degli operatori di front office; inoltre quelle necessarie a supportare i processi di cooperazione produttiva esterni e di vendita.

La comunicazione informativa riguarda tutte le informazioni necessarie a far conoscere l’impresa nel suo complesso o importanti parti di essa, i suoi prodotti, le sue politiche ai diversi pubblici, siano essi esterni o interni.

La comunicazione formativa concerne innanzitutto l’attività formativa vera e propria effettuata sia in contesti formativi specialistici sia sul luogo di lavoro; riguarda inoltre le modalità di condivisione della strategia, della mission, dei valori, della cultura e della simbologia dell’impresa utili per formare e coinvolgere i destinatari e renderli capaci di coinvolgere a loro volta clienti- utenti e collaboratori.

La comunicazione creativa è quella che si attua in tutte le situazioni poste in essere al fine di realizzare occasioni di scambio e di dialogo, sia verticale sia orizzontale, dove il sapere si trasferisce o si crea (spesso in modo informale). Questi tipo di comunicazione è definito particolarmente dagli obiettivi degli incontri e dalle relazioni che si instaurano tra gli interlocutori.

Quando si parla di comunicazione, non si può non parlare di lavoro: la comunicazione finalizzata al raggiungimento degli obiettivi professionali è uno dei settori applicativi di maggior interesse. Considerando quante ore si trascorrono al lavoro, ben si comprende perché l’ambiente lavorativo sia fondamentale per l’equilibrio psicofisico globale. Lavorare otto ore, se non più, al giorno, in un ambiente in cui i rapporti interpersonali sono vissuti, o percepiti, come stressanti, a lungo andare logora, e può influire negativamente su molti altri aspetti della vita. In ogni lavoro, o professione, ci si trova a trattare con molti interlocutori: dal collega al capo, dal cliente al pubblico, dal fornitore al corriere. Di persona, per telefono, per posta elettronica. La comunicazione è quindi un elemento centrale dell’attività lavorativa. È lo strumento che consente di manifestarsi e farsi conoscere, come di agire ed influire sull’ambiente. Di relazionarsi con gli altri. Non solo di farsi conoscere per chi si è, come si è, e le proprie esigenze, ma anche di valorizzare le proprie potenzialità, e crescere professionalmente. Accade, però, che si creino conflitti, incomprensioni, che, a lungo andare, influenzano il modo di percepire il lavoro, la soddisfazione personale, ed i propri risultati. Ogni luogo ha le sue regole, regole che influenzano anche la comunicazione. Conoscerle, è il primo passo: chi comunica a chi, che cosa, come, perché, da dove possono arrivare i disturbi, come comprenderli, come prevenirli, come evitarli.

Vi è anche un altro assunto fondamentale. Le comunicazioni nel luogo di lavoro con il capo, un collega, un cliente, ecc.. sono legate in un duplice influenzamento ai concetti di autostima, autoefficacia, stili attribuzionali, locus of control , il concetto di sé

Il concetto di autostima fa riferimento al valore che l’individuo si attribuisce. L’autostima può essere operazionalizzata nel “valore auto-attribuito” che si costruisce a partire dall’infanzia e nella “percezione di competenza nei compiti di vita quotidiana”. Viene definito come un tratto stabile, ovvero come un’autovalutazione che non risente dei contesti situazionali. Ma vi possono essere nell’arco di vita delle cadute o crescite dell’autostima causate ad esempio da: relazioni interpersonali, atteggiamenti di critica (positiva o negativa), la sensazione di minor/maggior competenza da un lato, e l’autopercezione di minore/maggiore capacità dall’altro, l’avvio di nuove attività o il passaggio a nuovi compiti“ (per approfondimenti: Apprezza te stesso”: l’autostima).

Il concetto di “autoefficacia” fa riferimento ai convincimenti circa il livello o il tipo di esecuzione di un determinato compito in una data situazione e viene realizzato nell’”aspettativa di padronanza” e nell’”aspettativa di risultato”. Questa capacità di esprimere giudizi impliciti sulle proprie qualità psicofisiche e la propria efficienza costituisce un aspetto tutt’altro che secondario nel processo di adattamento sociale. Il senso di autoefficacia si sviluppa grazie alla propria interazione con l’ambiente, poiché risente degli esiti che l’individuo dà alle richieste che l’ambiente gli pone. Una persona con basso senso di autoefficacia, inoltre, sarà meno propensa ad intraprendere nuovi compiti e/o nuovi apprendimenti, poiché ne teme il fallimento e, di conseguenza, la sensazione di inutilità.

Gli stili attribuzionali concernono il tipo di causalità (interna od esterna) che le persone tendono ad attribuire agli eventi. Un soggetto che tende ad attribuire a se stesso (causa interna) un successo e a cause esterne (fato, caso, contingenze) un insuccesso manterrà un’alta autostima; chi, viceversa, si attribuisce la causa dei fallimenti e tende ad imputare a cause esterne a lui i successi tende alla depressione. Gli stili attribuzionali, quindi, contribuiscono all’autoprotezione o all’autosvalutazione dell’individuo e giocano un ruolo di rinforzo per altre variabili quali l’autostima e la depressione.

Il concetto di locus of control rimanda al grado di controllo (e quindi di influenzamento) che l’individuo crede di poter esercitare sugli eventi. La persona con un locus of control interno si attribuisce alte possibilità di controllo, mentre il possessore di un locus di tipo esterno rimane passivo, certo che nulla possa il suo agire. Il tipo di locus of control (ovvero il livello di controllo percepito) si è rivelato un valido predittore per gli esiti di molti processi tra cui possiamo porre anche l’adattamento a nuove situazioni (vedi l’articolo Chi ha il controllo, io o gli altri? Il mondo è nelle mie mani o sono in balia degli eventi?).

Il concetto di sé è la definizione che l’individuo da di se stesso, ovvero delle proprie qualità, attitudini, comportamenti. A seguito di nuovi ed importanti avvenimenti il soggetto deve, lentamente e con gradualità, modificare l’autodefinizione di sé integrandola con nuovi aspetti e sfrondandola di altri ormai non più significativi.

Un superiore vi ha chiesto di svolgere un lavoro in un modo che non ritenete idoneo. Un collega ha criticato il vostro lavoro, e sapete che la sua critica è ingiustificata. Un cliente vi tratta in modo poco garbato, giudicandovi sulla base del comportamento di chi vi ha preceduto, e sapete che non ne ha motivo. Cosa fate? Alla fine, è il superiore che comanda. Il vostro collega è fatto così. Il cliente è poco garbato, ma voi dovete pur vendere, per “farvi” lo stipendio. Questi atteggiamenti, se adottati in modo sereno, sono assolutamente leciti: riuscite a pensare a quel comportamento del vostro superiore senza irritarvi? Riuscite a non parlarne a nessuno, per scaricare la tensione? Le critiche del vostro collega “scivolano” su di voi, non influenzano il vostro umore, il vostro lavoro, i rapporti con gli altri colleghi? Riuscite a provare simpatia ed umana comprensione anche per il cliente incivile, tanto, quello che conta è la vendita?

Se, indipendentemente dai fatti – e questi sono soltanto degli esempi – riuscite a mantenere uno stato interiore di armonia e soddisfazione, continuate così. Se invece questi avvenimenti “lasciano il segno”, allora vuol dire che c’è qualcosa da cambiare. Se voi diceste quello che pensate, la situazione peggiorerebbe? O meglio, se voi sapeste come comunicare il vostro pensiero, in modo sempre accettabile per il vostro interlocutore, la situazione peggiorerebbe? No. Potrebbe soltanto migliorare. Di certo, voi stareste meglio. Infatti, spesso, è il modo in cui si comunica a viziare il messaggio, non il messaggio in sé. Torniamo al nostro ipotetico capo. Vi ha chiesto di svolgere un lavoro in un modo che voi non ritenete idoneo. Far finta di niente, non paga. Perché non vale i disturbi psicosomatici che può creare. Allo stesso modo, bisogna sapere come esprimere il nostro pensiero, in modo assertivo. Se le regole della comunicazione sono valide per tutti, in ogni luogo, il modo di utilizzarle cambia da persona a persona.

Quando si comunica in modo più “efficace” le cose sembreranno andare meglio: con il collega di ufficio, con il cliente, finanche in fila alla cassa del supermercato. Nel momento in cui si riesce a dire ciò che si vuole (cosa non scontata), e trasmesso quello che si vuole, la situazione cambia. Perché cambia, prima di tutto, il modo in cui ci si pone nella situazione. Allora il capo arriverà a conoscervi. Forse comincerà a dare più ascolto al vostro punto di vista. Il collega eviterà di criticarvi, oppure, vi criticherà, ma saprà di dover accettare la vostra risposta. Al cliente non verrà mai in mente di trattarvi diversamente da come vorreste essere trattati. L’obiettivo però non è quello di modificare il risultato, ma quello di modificare la situazione interiore. Il miglioramento della percezione di sè.

Migliorare la comunicazione all’interno dell’azienda significa perciò migliorare l’atmosfera del gruppo di lavoro, stimolare la creatività e la partecipazione nel risolvere i problemi, aumentare il benessere dei lavoratori, evitare le problematiche dovute alla “cattiva” comunicazione che si manifestano dal disagio a veri e propri malesseri riducendo la capacità produttiva del lavoratore.

Argomenti affrontati nel corso

  1. Analisi di contesto

  2. La comunicazione nell’azienda: organigramma e situazione attuale

  3. Cos’è la comunicazione aspetti teorici: gli assiomi della comunicazione, comunicazione verbale non verbale,

  4. La comunicazione problematica e le sue conseguenze (mobbing, bossing, stress)

  5. Comunicazione assertiva

  6. Problem solving

  7. I ruoli e la sua influenza nella comunicazione

  8. La comunicazione strategica

  9. Condurre riunioni: in gruppi medi, creare e condurre gruppi di creatività (Brainstorming), gruppi di soluzione problemi e conflitti, riunioni in piccoli gruppi, valutazione, riunioni di concertazione e trattativa.

  10. Gli sviluppi comunicazioneli: internet ed eternet

I contenuti del corso verranno affrontati oltre che in lezioni frontali attraverso discussioni e “giochi” così da facilitarne l’apprendimento.