“Apprezza te stesso”: l’autostima

Accettati come sei in questo momento: una persona imperfetta, mutevole, in crescita e rispettabile” Denis Waitley

L’autostima corrisponde alla “considerazione che un individuo ha di se stesso” (Galimberti U., 1999). Tale considerazione si spiega grazie a un atteggiamento, una valutazione cognitiva o un insieme di affetti rivolti verso il sé. L‘autostima quindi rappresenta il valore che diamo a noi stessi, è un processo che si basa sulle nostre autopercezioni, sul confronto tra il sé reale e il sé ideale (come vorremmo essere) e sul confronto col sociale.

Devo fare un intervento in pubblico, sono abbastanza tranquillo visto che non è la prima volta che mi capita, so che posso prepararmi bene ed essere in grado di parlare di quell’argomento senza difficoltà, basta che mi preparo. Però a differenza del solito dovrò parlare ad un pubblico diverso, non persone con cui condivido le basi del discorso, persone formate sulla mia stessa materia ma specialisti di altri argomenti. Questo mi mette in difficoltà, sono abituato a dare per scontate delle definizioni, a parlare in modo tecnico e non mi sento a mio agio a spiegare anche le basi. Inizio a preoccuparmi, “potrebbero farmi delle domande a cui non so rispondere”, “potrei non spiegarmi bene”, …

Quale sarà la mia reazione?

In questa storia sono rappresentate le varie declinazioni dell’autostima, all’inizio l’autostima si presenta forte e solida, entrano in campo alcuni parametri che mi aiutano: so fare quello che mi viene chiesto (autoefficacia P. Balocco Il mondo è nelle mie mani o sono in balia degli eventi?), posso impegnarmi per la riuscita (locus of control stabile e controllabile, vedi P. Balocco Il mondo è nelle mie mani o sono in balia degli eventi?)

Quando cambia il contesto si inserisce un fattore di disturbo, essendo un’esperienza che non è mai stata fatta, si esce dalla zona confort e si innestano vissuti di ansia (preoccupazioni per il futuro vedi P. Balocco Paura, ansia e fobia. Vivere con l’ansia. ).

Se la mia autostima resta salda non avrò problemi: mi impegno, preparo una relazione che testo nel mio ambiente con amici e familiari avulsi dalla materia e vedo come reagiscono, se capiscono. In base al ritorno, taro il mio intervento

Se invece la mia autostima vacilla potrei farmi prendere dallo sconforto e bloccarmi, rimuginare sulla sfortuna che ho avuto, l’ansia può prendere il sopravvento e farmi rinunciare, ecc..

Da questa piccola storia notiamo come l’autostima sia influenzata da diversi fattori: l’interazione con l’ambiente, il nostro sentirci in grado di fare (autoefficacia), se pensiamo di avere il potere di avere successo (locus of control), quanto chiediamo a noi stessi (all’esame va bene dal 7 in su o meno di 10 è un fallimento?). Altri fattori psicologici influenzano più o meno pesantemente la nostra autostima come l’ansia o la depressione

Teorie

William James definiva l’autostima come il rapporto tra il Sé percepito di una persona e il suo Sé ideale. Il Sé percepito equivale al concetto di sé, alla conoscenza di quelle abilità, caratteristiche e qualità che, secondo la nostra valutazione, sono presenti o assenti in noi; mentre il Sé ideale è l’immagine della persona che vorremmo essere. Secondo James una persona sperimenterà una bassa autostima se il Sé percepito non riesce a raggiungere il livello del Sé ideale. L’ampiezza della discrepanza tra come ci vediamo e come vorremmo essere è infatti un valore del grado in cui siamo soddisfatti di noi stessi. In altre parole, secondo la definizione di James, l’autostima sarebbe il risultato scaturito dal confronto tra successi che l’individuo ottiene realmente e le aspettative in merito ad essimi. Maggiore sarà la discrepanza tra ciò che si è e ciò che si vorrebbe essere, minore sarà la stima di noi stessi.

La presenza di un sé ideale può essere uno stimolo alla crescita, in quanto induce a formulare degli obiettivi da raggiungere, ma può generare insoddisfazioni ed altre emozioni negative se lo si avverte molto distante da quello reale. Per ridurre questa discrepanza l’individuo può ridimensionare le proprie aspirazioni, e in tal modo avvicinare il sé ideale a quello percepito, oppure potrebbe cercare di migliorare il sé reale (Berti, Bombi, 2005).

Alcuni anni dopo Cooley e Mead definiscono l’autostima come prodotto formato dalle interazioni con gli altri. Essa si crea durante il corso della vita come una valutazione riflessa di ciò che le persone pensano di noi. Infatti secondo gli autori l’autostima di una persona non deriva solo da fattori interiori individuali, ma viene influenzata anche dai confronti che l’individuo fa, consapevolmente o no, con l’ambiente in cui vive.

Piergiorgio Battistelli definì il concetto di autostima come: “Insieme dei giudizi valutativi che l’individuo dà di se stesso”. “Avere autostima”, quindi, vuol dire saper valutare con obiettività e un pizzico di ottimismo le proprie specificità. In poche parole, l’autostima è la valutazione che diamo ogni giorno al nostro agire. Una valutazione che non è studiata a tavolino ma inconscia. Ovviamente l’autostima è direttamente proporzionale alla nostra “fiducia in noi stessi” ovvero al sapere affrontare le situazioni senza l’aiuto di nessuno, al credo che abbiamo in noi stessi e nelle nostre capacità.

Possiamo quindi definire l’autostima come il complesso delle valutazioni che ogni individuo matura sul proprio conto. L’autostima è intimamente connessa al concetto di sé che ci costruiamo tramite l’autoconsapevolezza: quando pensiamo a come siamo tendiamo a valutarci.

Ci si autovaluta in merito a tre processi fondamentali: attraverso lo specchio sociale ovvero quelle opinioni che ci vengono comunicate da altri significativi, giudizi diretti e indiretti in cui noi ci autodefiniamo. Il confronto sociale invece avviene quando la persona si confronta con chi lo circonda. Infine il processo di autosservazione dove la persona si osserva e riconosce le differenze tra se stesso e gli altri.

Kelly (1955), il padre della Psicologia dei Costrutti Personali, considera ogni persona uno ‘scienziato’ che osserva, attribuisce significati alle proprie esperienze e predice ogni comportamento o evento, costruendo, tra l’altro, una teoria di sé per facilitare il mantenimento dell’autostima.

Dagli studi di Sacco e Beck (1985) emerge come a volte le autoanalisi che contribuiscono a definire l’autostima di una persona sono falsate dalle sue distorsioni cognitive. Queste ultime sono inferenze cognitive, pensieri che alterano la considerazione di sé, attraverso le quali gli individui maturano delle idee arbitrarie su se stessi senza l’avallo di dati reali e obiettivi. La differenza tra il sé reale e il sé percepito è influenzata dalle distorsioni cognitive. Le più frequenti individuate da Sacco e Beck sono:

  • Ragionamento emotivo: pensiamo che qualcosa debba essere vero solo per il fatto che “sentiamo” che è così, ignorando tutto ciò che prova il contrario.

  • Pensiero dicotomico: detto anche pensiero “tutto o nulla”o visione “bianco o nero”, accade quando vediamo le cose separate solo in due categorie: buone o cattive, sicure o pericolose, ecc…, senza sfumature o vie di mezzo. Non ammette sfumature nell’ambito delle assunzioni di responsabilità, riconducendo l’analisi ai costrutti del tutto e niente.

  • Filtro mentale: filtriamo mentalmente la realtà quando prestiamo attenzione solo ad un dettaglio trascurando di considerare l’intero quadro e filtrando selettivamente solo gli aspetti negativi di una situazione.

  • Lettura del pensiero: crediamo di sapere quello che gli altri pensano e provano, o il motivo per cui agiscono in un certo modo pur non avendone prove. Riguarda particolarmente pensieri riferiti a quello che gli altri pensano di noi. Assumiamo di saperlo senza riscontri concreti (per esempio senza averlo mai sentito dire da nessuno).

  • Personalizzazione: crediamo di essere noi i responsabili dell’infelicità altrui, ci porta a sentirci colpevoli per qualche evento negativo accaduto. oppure attribuiamo a noi stessi la colpa di cose negative che accadono agli altri senza considerare altre spiegazioni più plausibili.

  • Due pesi e due misure: valutiamo noi stessi molto più severamente di come facciamo con gli altri.

  • Doverizzazione: giudichiamo noi stessi o gli altri troppo rigidamente, sulla base di come uno “dovrebbe” comportarsi o sentire.

Abbiamo bisogno di valutarci per due ragioni fondamentali: sottoporci a verifica e incoraggiarci. Dobbiamo sapere di che cosa siamo capaci e cosa è al di fuori della nostra portata – in altri termini, quali sono le nostre possibilità e i nostri limiti. D’altra parte, valutarci serve anche a convincerci di essere capaci, a conoscerci meglio per avere fiducia in noi stessi e negli altri.

Contribuiscono alla creazione dell’autostima anche:

  • il Locus of Control (P. Balocco Il mondo è nelle mie mani o sono in balia degli eventi?) l’attribuzione a cause stabili, controllabili e interne all’individuo abbia, in caso di raggiungimento di un successo, un innalzamento dell’autostima nell’individuo.Di contro l’attribuzione a cause esterne a sé, instabili e poco controllabili portano ad un calo dell’autostima e della fiducia in se stessi.

  • L’autoefficacia ovvero la fiducia di riuscire nel compito grazie alle proprie capacità di individuare le strategie per affrontare nel modo ottimale qualsiasi evenienza. Il concetto di autoefficacia dipende da diverse variabili: l’esito positivo di precedenti situazioni problematiche affrontate; le esperienze vicarie, date dall’aver visto altri fronteggiare contesti situazionali difficoltosi ed esserne usciti vittoriosi; le autopersuasioni positive; lo stato di benessere derivante dall’aver superato prove particolarmente impegnative; la capacità di immaginarsi vincenti in esperienze gravose.

L’Autoefficacia e il locus of control interviengono nelle valutazioni che la persona compie su se stessa e che, in ultima analisi, definiscono la sua autostima.

Alta e bassa autostima

Sii bello se è possibile, saggio se vuoi, ma rispetta te stesso – che è essenziale.

(Anna Gould)

Possedere un’alta autostima è il risultato di una limitata differenza tra il sé reale e il sé ideale. Significa saper riconoscere in maniera realistica di avere sia pregi che difetti, impegnarsi per migliorare le proprie debolezze, apprezzando i propri punti di forza. Questo ha come risultato una maggiore apertura all’ambiente, una maggiore autonomia e una maggiore fiducia nelle proprie capacità. Le persone con un’alta autostima dimostrano una maggiore perseveranza nel riuscire in un’attività che le appassiona o nel raggiungere un obiettivo a cui tengono e sono invece meno determinate in un ambito in cui hanno investito poco. Si tratta di persone più propense a relativizzare un insuccesso e ad impegnasi in nuove imprese che le aiutano a dimenticare, sono pronti anche ad affrontare i rischi delle proprie scelte. Chi ha una buona autostima vede la propria vita sotto una luce positiva. Le difficoltà ci sono, ma si danno da soli fiducia quando devono affrontarle.

Al contrario, una bassa autostima può condurre ad una ridotta partecipazione e a uno scarso entusiasmo, che si concretizzano in situazioni di demotivazione in cui predominano disimpegno e disinteresse. Vengono riconosciute esclusivamente le proprie debolezze, mentre vengono trascurati i propri punti di forza. Spesso si tende a evadere anche dalle situazioni più banali per timore di un rifiuto da parte degli altri. Si è più vulnerabili e meno autonomi. Le persone con una bassa autostima si arrendono molto più facilmente quando si tratta di raggiungere un obiettivo, soprattutto se incontrano qualche difficoltà o sentono un parere contrario a ciò che pensano.

Si tratta di persone che faticano ad abbandonare i sentimenti di delusione e di amarezza connessi allo sperimentare un insuccesso. Inoltre, di fronte alle critiche, sono molto sensibili all’intensità e alla durata del disagio provocato.

Migliorare la propria autostima

Maria Beatrice Toro (2010) suggerisce che per accrescere la percezione positiva di sé e quindi migliorare la propria autostima, esistono diverse strategie, quali:

  • l’incremento delle capacità di problem solving, poichè spesso l’autostima è funzione delle proprie capacità di risolvere i problemi.

  • l’implementazione del dialogo interno (self – talk) positivo; l’autostima, infatti, può essere incrementata attraverso il dialogo positivo con se stessi, utilizzando la propria voce interiore. In altre parole, se noi per primi inviamo dei messaggi positivi alla nostra mente, è molto probabile che le autopercezioni possano migliorare.

  • il potenziamento delle abilità comunicative, maggiori contatti proficui e positivi ci permettono di sentirci più apprezzati e quindi più a nostro agio con noi stessi.

  • il miglioramento dell’autocontrollo, gestire positivamente i nostri stati emotivi influenza i nostri rapporti con gli altri e con noi stessi, tenere a bada l’ira o l’ansia ci permette di avere rapporti più gratificanti

  • la modificazione degli standard cognitivi, ponendoci aspettative eccessivamente elevate, infatti, corriamo il rischio di non essere all’altezza di quelle attese e, quindi, di influenzare l’autopercezione. In letteratura infatti si ipotizza un ruolo negativo degli ideali sull’autostima, specie se essi sono troppo ambiziosi e irraggiungibili (Marsh, 1993).

  • la ristrutturazione dello stile attribuzionale, tesa a farci raggiungere una maggiore obiettività, grazie alla quale potremmo, ad esempio, interpretare gli avvenimenti o le situazioni che non dipendono da noi come semplicemente sfavorevoli.

Queste sono solo alcune piccole strategie che possono aiutarci a migliorare la nostra autostima, in alcuni casi ciò comporta delle azioni per cui ci vuole molto coraggio. Se siamo abituati a non credere in noi stessi, iniziare a fare qualcosa per raggiungere i nostri obiettivi, comporterà uno sforzo consapevole, in alcuni casi anche definire gli obiettivi sarà molto difficile e faticoso. Ma per uscire da situazioni di sofferenza, rapporti difficili e sensazioni di non valere abbastanza, è necessario fare un primo passo, che appare doloroso, quasi impossibile ma che in realtà è bloccato dello scontro dei nostri pensieri non da ostacoli reali.

Finché guardi agli altri per provare chi sei e cerchi la loro approvazione, stai impostando la tua vita in modo disastroso. Devi essere completo da solo. Nessuno può darti questo. Devi sapere tu chi sei. Ciò che gli altri dicono è irrilevante.
(Nic Sheff)

Bibliografia

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P. Balocco Il mondo è nelle mie mani o sono in balia degli eventi?

P. Balocco Paura, ansia e fobia. Vivere con l’ansia