Tecnologia e vita quotidiana

L’avanzamento dello sviluppo tecnologico ha avuto e continua ad avere un forte impatto nelle vite di tutti noi, ma che effetto ha l’uso massivo di internet e dei vari device sugli individui con il passare del tempo? Migliora o la nostra vita? Le nostre capacità cognitive o sociali sono modificate?

Allo stato attuale non ci sono studi longitudinali che indagano il fenomeno. Abbiamo però alcuni primi studi che si occupano dei bambini, da cui emerge che nella fascia 0-3 anni l’uso del tablet è negativo, blocca lo sviluppo a tutti i livelli: dal linguaggio non verbale, alle capacità prassiche, allo sviluppo cognitivo, ecc.. Uno studio condotto dal Cohen Children’s Medical Center di New York sulle attività che favoriscono l’apprendimento dei bambini e la capacità di relazionarsi con gli altri, ha concluso che per la salute psichica dei bambini è meglio meno tablet e smartphone e più giochi tradizionali con coetanei magari e più tempo con i genitori. Lo studio è stato presentato al congresso delle Pediatric Academic Societies and Asian Society for Pediatric Research a Vancouver, si è basato su 63 coppie, i cui figli hanno avuto il ‘primo contatto’ con un touch screen in media a 11 mesi di età e per circa 18 minuti al giorno, ma con punte di quattro ore. Le attività principali per i bambini sono risultate in ordine: guardare show educativi, usare app educazionali, premere a caso lo schermo e fare giochi non educativi. Test cognitivi hanno dimostrato che nei piccoli che giocavano con app non educative si è notato un ritardo nello sviluppo del linguaggio. Sono state pubblicate anche delle linee guida sia da parte dell’associazione dei pediatri statunitensi che dell’omologa associazione britannica in cui si consiglia alle famiglie di non far usare i dispositivi (tablet, smartphone e tv) fino ai due anni, e poi di concederli al massimo per un’ora al giorno. Questa scelta nasce dall’osservazione che i giocattoli che i genitori danno più spesso ai figli sono tecnologici, che vanno a sostituire i libri e i giochi ‘tradizionali’. La tecnologia però non può rimpiazzare il contatto diretto dei genitori coni figli, che è la miglior fonte di apprendimento.

Nella fascia 3-6, prescolare, si può introdurre il tablet ma con funzioni didattiche ed educative, riconoscere i colori ad esempio. Dalla Gran Bretagna è arrivato anche un altro allarme degli insegnanti della scuola materna. Secondo l’Association of Teachers and Lecturers, l’abitudine al pc e ai tablet da così piccoli, ha effetti sulla capacità di manipolazione dei bimbi, sulla socializzazione e la concentrazione. Ci sono sempre più bambini che sanno come far scorrere uno schermo ma hanno poche abilità manipolative con le costruzioni, o non sono in grado di socializzare con gli altri.

In fase scolare si è notato che per i DSA, (dislessia, disgrafia, discalculia e disortografia), l’utilizzo di supporti tecnolgici, è non solo utile ma raccomandato, naturalmente si parla di programmi e app adatte a sopperire le difficoltà dello studente.  Lo scrivere, il fare schemi, rimane la miglior forma di studio al fine di apprendere e ricordare le nozioni acquisite, è importante che gli studenti raggiungano competenze solide in lettura e matematica. Il tablet è importante a livello consultativo offre infatti la possibilità di accedere a molti dati, ma a meno che non sia dotato di tastiera, quindi maggiormente funzionale per la scrittura, sembra che le sue potenzialità scolastiche si esauriscono qui. I ragazzi che fanno un uso «moderato» del computer, per fare ricerche in Internet e come supporto per i compiti, ottengono risultati migliori di quelli che non lo usano affatto (OECD 2015). Superata la soglia quantificta in una-due volte a settimana, l’apprendimento è decisamente peggiore.

Per arrivare a far sì che abbiano una comprensione concettuale profonda e un elevato livello di pensiero serve un’intensa relazione docente-insegnate, ovvero dello «human engagement» nell’insegnamento. La tecnologia, invece, spesso distrae. Purtroppo però non ci sono ancore le pratiche pedagogiche, cioè la formazione degli insegnanti, per ottenere i maggiori benefici a livello accademico dalle tecnologie, è una questione di preparazione. Le pratiche di insegnamento a questo punto sono obsolete. Per poter essere efficace nell’apprendimento degli allievi, non basta aggiungere strumenti nuovi ed innovativi, questo deve andare di pari passo con la preparazione dell’insegnante che ha sviluppato le competenze (anche raffinate, una ottima conoscenza dello strumento e della pratica pedagogica che si vuole utilizzare). Il rischio è che gli studenti usino lo smartphone per copiare, incidendo non solo sulle competenze, che non acquisiscono, ma anche sul attribuzione del controllo (Chi ha il controllo, io o gli altri? Il mondo è nelle mie mani o sono in balia degli eventi?), sull’autostima (Apprezza te stesso”: l’autostima ), sulla motivazione (Perché faccio ciò che faccio? La motivazione). Le tecnologie possono valorizzare il lavoro dei buoni insegnanti, non sostituire quelli poco preparati.

I ragazzi italiani, infatti, sono navigatori assidui, ma hanno difficoltà a farlo con una rotta precisa, manca la bussola e la scuola non aiuta a trovarla. I quindicenni passano in media un’ora e mezza al giorno «online» e le loro competenze di lettura digitale (capacità di muoversi con senso critico e in maniera efficace tra ipertesti, reperire le informazioni utili, metterle in relazione) sono addirittura un po’ sopra la media (OECD 2015) e sopra quelle di lettura tradizionale. Però nella loro navigazione sono disorientati quando si tratta di mirare alla risoluzione di un obiettivo preciso. Molti ragazzi, non hanno la capacità di dirigere la propria lettura, di dare giudizi sulla pertinenza di una pagina, sulla qualità di un’argomentazione, non sono selettivi nella loro navigazione, non vanno in modo diretto verso l’informazione che cercano e dovrebbero poi mostrarsi consumatori più critici dell’informazione online

Per gli studenti universitari che hanno già sviluppato un metodo di studio, il device può essere molto utile, poiché hanno imparato come acquisire le corrette informazioni. Hanno poi già appreso l’uso pertinente di Internet, ovvero a costruire il loro percorso in un ipertesto in modo mirato per ottenere l’informazione di cui hanno bisogno e quali canali sfruttare su internet. Comunque a favorire l’apprendimento restano i modelli classici.

Da un punto di vista emozionale il discorso cambia, se da una parte la tecnologia offre la possibilità di essere sempre aggiornati dall’altra può intaccare la stima di sé e così la motivazione. Alcuni autori (Twenge et al. 2018), psicologi dell’università di San Diego e della Georgia, hanno utilizzato i dati del Monitoring the Future (MtF), un sondaggio nazionale americano finanziato dal governo, in corso da decenni, che analizza comportamenti, abitudini e valori di oltre un milione di studenti dai 14 ai 18 anni, sottoponendo ai ragazzi domande sul tempo passato su device, sulla qualità e quantità delle loro interazioni sociali, e sulla loro felicità in generale. La ricerca ha avuto due obiettivi: documentare il benessere psicologico degli adolescenti (inteso come felicità, autostima, soddisfazione di se stessi, soddisfazione della vita..) a partire dal 1991. E indagare i meccanismi che influenzano nel tempo la felicità percepita con particolare attenzione al tempo trascorso davanti allo schermo. La soddisfazione per la vita, l’autostima e la felicità sono crollati dopo il 2012. Secondo Jean M. Twenge, co-autore dello studio e professore di psicologia a San Diego perchèquesto è l’anno in cui la percentuale di americani in possesso di uno smartphone è ha superato il 50%. L’avvento dello smartphone è la spiegazione più plausibile dell’improvviso declino del benessere psicologico degli adolescenti”. Il più grande cambiamento nella vita dei ragazzi tra il 2012 e il 2016, infatti, è stato l’aumento della quantità di tempo trascorso sui dispositivi digitali e il conseguente declino delle attività sociali e del sonno.

Bisogna considerare anche che i dispositivi digitali possono creare dipendenza, nel 2016 Telefono Azzurro e Doxakids hanno realizzato una ricerca su 600 ragazzi di 12-18 anni, dalla quale è emerso che su 100 ragazzi 17 non riescono a staccarsi da smartphone e social, che 1 su 4 è sempre online, che il 45% si connette più volte al giorno, infine che il 78% chatta su whatsapp continuamente, anche i giochi creano dipendenza e il minore tende a scegliere il tablet come gioco favorito.

L’uso del device, sia esso uno smartphone che un tablet ha un impatto sul nostro cervello è come se delegassimo parte delle capacità cognitive allo strumento. In primis la memoria, essendo in grado di memorizzare un quantitativo di dati enorme non abbiamo bisogno di farlo noi, quando le informazioni sono sempre immediatamente disponibili per gli studenti, “c’è meno bisogno di imparare e conservare la conoscenza”.

La capacità di concentrazione, poi, viene compromessa. L’uso intensivo di smartphone e tablet, navigare su internet e consultare i social ha contribuito a far scendere la capacità di mantenere l’attenzione. Uno studio condotto dall’University of Western Ontario’s Brain & Mind Institute ha scoperto, infatti, che se nel 2000 riuscivamo a rimanere concentrati per 12 secondi oggi questo tempo è sceso ad otto secondi, in quindici anni abbiamo quindi perso quattro secondi. Gli autori hanno analizzato le abitudini tecnologiche di circa duemila persone e poi in una seconda fase della ricerca hanno condotto delle analisi su duecento volontari che si sono sottoposti ad un elettroencefalogramma. Dai dati raccolti è emerso che il cervello consuma le informazioni in un tempo estremamente rapido e ha l’esigenza di passare da un’informazione all’altra nel più breve tempo possibile, nel tempo si sarebbe velocizzato il processo di gestione delle informazioni, spingendo il cervello a una domanda crescente di nuovi “input”. L’uomo oggi è più avido di informazioni rispetto a un tempo e categorizza le informazioni con più facilità, ma soprattutto passa velocemente a qualcun altro le notizie, informazioni dei social media, ed è in grado di individuare meglio che cosa vuole o non vuole memorizzare, i social consentono di leggere più cose nello stesso momento e ci propongono molte informazioni che si è in grado di elaborare e selezionare rapidamenteI device sono ormai parte integrante della vita quotidiana e contribuiscono a distrarci da ciò che stiamo facendo: il 79% usa lo smartphone mentre guarda la televisione e il 50% controlla il cellulare ogni mezz’ora. Un comportamento che implica una diminuzione di concentrazione per dedicarsi a più attività contemporaneamente. Da un lato, infatti, questo massiccio quantitativo di informazioni favorirebbe la capacità di concentrarsi su più attività nello stesso momento, affinando il processo di multitasking e di selezionare ciò che si vuole memorizzare perché degno di interesse. A discapito, però, della durata della concentrazione sulla singola azione.  Il multitasking rende meno efficienti e comporta un vero e proprio esaurimento delle funzioni cerebrali. «Stiamo facendo i lavori di 10 persone diverse, cercando anche di tenere il passo con la nostra vita, i nostri figli e genitori, i nostri amici, le nostre carriere, i nostri hobby, e le nostre programmi televisivi preferiti (Levitin 2014)». In ogni momento della giornata si interagisce con la tecnologia sulle varie piattaforme che asono a disposizione. Ma anche se pensiamo di fare diverse cose contemporaneamente, questa è una illusione. Quando si pensa di fare multitasking, in realtà si sta solo passando da un compito a un altro molto rapidamente. E ogni volta che lo si fa, c’è un costo cognitivo, il multitasking ci rende meno efficienti. Le persone non possono fare multitasking e quando affermano che ci riescono si stanno illudendo. Il nostro cervello è molto bravo nel lavoro di illusione.

« Si è visto che il multitasking aumenta la produzione di cortisolo, l’ormone dello stress, e di adrenalina, che possono stimolare eccessivamente il cervello e causare annebbiamento o pensieri disturbati. Il multitasking crea un circolo vizioso di dipendenza dalla dopamina, premiando effettivamente il cervello a perdere la concentrazione e a cercare stimoli esterni. A peggiorare le cose, la corteccia prefrontale ha una “distorsione da gadget”, il che significa che la sua attenzione può essere facilmente distratta da qualcosa di nuovo – gli oggetti luccicanti che usiamo per invogliare i bambini, cuccioli e gattini. L’ironia qui per quelli di noi che stanno cercando di mettere a fuoco tra le attività in concorrenza è chiaro: la regione del cervello di cui abbiamo molto bisogno di fare affidamento per rimanere concentrati sul compito è facilmente disturbata. Rispondere al telefono, cercare qualcosa su internet, controllare la posta, inviare un Sms: e ognuna di queste cose modifica i centri del cervello deputati alla ricerca della novità e della ricompensa, provocando uno scoppio di oppioidi endogeni tutto a scapito della nostra concentrazione sul compito da svolgere (Levitin 2014)»

Uno studio del 2013 condotto dalla Michigan State University aveva già messo in guardia sulla possibile associazione del multitasking digitale ad ansia e depressione, senza però chiarire se sia il disagio psicologico a cercare distrazione nel sovraccarico digitale o siano tablet e cellulari a provocare il malessere.

Conclusioni

La possibilità di connessione, modifica la famiglia, il primo gruppo di riferimento di ogni persona, all’interno del quale si apprendono norme e valori condivisi, si sviluppano le tecniche di comunicazione e in cui ognuno ha un ruolo ben definito. La comunicazione intra-famigliare sta subendo un depotenziamento in termini sia qualitativi (come la qualità degli argomenti affrontati, la capacità di costruzione di regole condivise, la capacità di conoscenza approfondita reciproca) e anche in termini quantitativi (minor tempo passato a parlare o comunque speso insieme, una “presenza non presente”), mediata e distratta da un’attenzione che spesso latita ed è fragile, interrotta dallo squillo di un messaggio, di un aggiornamento, di un evento al quale si era interessati, come fosse un regalo da aprire e che l’attesa per lo svelamento sia quasi impossibile da gestire.

Ma non è solo la connessione, a livello delle interazioni con altri, che limita le relazioni, ma anche la presenza dei giochi presenti nei tablet o smartphone, o la possibilità per i membri della famiglia di essere costantemente connessi al lavoro e disponibili, anche solo per inviare un’e-mail. E tutto ciò fa sì che il momento della famiglia non sia più separato dalla quotidiana vita lavorativa. Perciò è fondamentale sottolineare l’importanza che i genitori hanno nel gestire comportamenti sani nella relazione con la tecnologia, come esempio di resistenza alla “tecno-dipendenza” e alla possibilità di essere sempre connessi. E’ chiaro, non sarà solamente questo a distaccare i ragazzi da una presenza connettiva costante, ma sicuramente, avere un buon esempio di “indipendenza dalla tecnologia”, aiuta i ragazzi ad elaborare, ad immaginare la possibilità di avere del tempo per i rapporti extra familiari, e del tempo per quelli prettamente familiari.

Le relazioni si sono modificate ma non c’è solo negatività nel cambiamento: grazie alla connessione tecnologica, i rapporti hanno, assunto, forme diverse, prima impensabili. Si creano gruppi familiari, amicali, nei social maggiormente conosciuti, nel quale si scambiano racconti su episodi di vita, ironie, difficoltà, esperienze, foto, viaggi, commenti, opinioni ed idee. Questo territorio si tramuta in un nuovo contesto, dove la distanza non è più un limite ma una possibilità, l’avanzamento tecnologico non crea lontananze, ma fa nascere nuove tipologie relazionali.

Perciò, sarebbe auspicabile, un’educazione riguardo l’utilizzo intelligente della tecnologia, della comunicazione, sulle sue potenzialità, sulle modalità e tempistiche di utilizzo. Educazione che può essere un insegnamento non solo dall’alto verso il basso, ovvero dai genitori che determinano quando e come utilizzare smartphone e tablet ai figli, ma anche orizzontale, in cui tutti i membri della famiglia sviluppano conoscenze e regole in merito all’utilità di tali strumenti, ed insieme decidono come e quando utilizzarli, anche con lo scopo di un bene comune, ovvero vivere pienamente il proprio tempo con i membri della propria famiglia.

 

Bibliografia

OECD (2015) Students, Computers, and Learning: Making the connectiong, Pisa, OEDC Publishing.

 Twenge, Jean M. Martin, Gabrielle N. Campbell, W. Keith Decreases in psychological well-being among American adolescents after 2012 and links to screen time during the rise of smartphone technology, 2018.

 Daniel J. Levitin The Organized Mind: Thinking Straight in the Age of Information Overload, 2014